Patrizia Speroni
Leggimi

Fenomenologia del Festival di Sanremo


Riflessione semiseria sulla serata dedicata ai giovani

Fenomenologia è un termine che sentiamo spesso negli ultimi tempi, dalla “Fenomenologia dello spirito” di Hegel (la dotta citazione farebbe gongolare i puristi della lingua e i baudiani accaniti) alla più popolare “Fenomenologia di Fiorello”.

Chi ha visto la serata dei giovani al Festival di Sanremo? Meglio, chi è riuscito a vedere i giovani?

Cantano i Sonohra, intonati, solari, semplici, belli. Sono sveglia. Aspetto il secondo giovane e invece ecco un susseguirsi interminabile di super ospiti e di repertori già noti.

Vai con Giorgia (tre canzoni e memorabilia in video). Vai con Jovanotti (idem), vai con Fiorella Mannoia (tre canzoni e una gestualità esasperata), vai con Gianni Morandi (è bravissimo, ma già sappiamo tutto), vai con i Pooh (40 anni di carriera ed un motore promozionale che si muove da solo).

L’audience avrà un picco? Certamente! Un picco di sonnolenza. Nella serata dei giovani, il Festival promuove chi ha già un repertorio consolidato ed un pubblico fidelizzato. Complimenti vivissimi!

Dormo un pò. Mi riprendo quando viene interpellata la giuria di qualità. Musicisti, produttori, radiofonici, giornalisti? È chiedere troppo. Attori, atleti, scrittori che, per loro stessa ammissione, ascoltano la musica in maniera generalista. Tanto valeva chiedere al pubblico in sala di fare da giuria di qualità.

Santo Cecchetto! Ha cercato di spiegare a Chiambretti che dietro le sue valutazioni c’erano fondate motivazioni ma, ovviamente, non c’era tempo per le spiegazioni. Occorreva lasciare spazio ai super ospiti. Strano che a Leona Lewis non abbiano fatto cantare “Donna Rosa”.

Dormo ancora un pò. Sono sempre in attesa dei giovani.

Finalmente ne vedo qualcuno materializzarsi sul palco. Ora mi è chiara la loro funzione: sono un interludio istituzionale tra un super ospite e l’altro. Vota la giuria di qualità. Chissà quali sforzi sono stati fatti per selezionarla! E pensare che il Pippo nazional-popolare avrebbe potuto recarsi in Sala Stampa e scegliere, tra i tanti giornalisti accreditati, una giuria veramente di qualità. Faccio un’eccezione per Claudio Cecchetto che sulla “piccionaia” – cito testualmente Chiambretti – ci stava proprio bene.

Il sonno si ripresenta. Decido di non opporre resistenza e di dormire.

Mi sveglio giusto in tempo per la premiazione. Un momento di grande confusione e poca chiarezza. Hanno davvero vinto i Sonohra? Allora perché sono nascosti da tanta gente? Sgomitate ragazzi, è il vostro momento! È la vostra serata. Poveri, piccoli, teneri giovani. Chi pensa a voi? Brava Valentina S. per avere iniziato presto a fare promozione ai due ragazzi.

La “fenomenologia del Festival” diviene ora teorema pitagorico. Più semplicemente, facciamo quattro conti:

  • durata media di una canzone: 3,30
  • numero medio di canzoni: 14
  • 14 x 3,30 = 49 minuti

Poniamo un parlato medio di 2 minuti per la presentazione di ogni canzone:

  • 2 minuti x 14 = 28 minuti

Sommiamo 28 al precedente 49 ed otteniamo un totale di 77 minuti. Poniamo anche una presentazione della serata da 5 minuti ed altrettanti per la chiusura. Aggiungiamo altri 10 minuti ed otteniamo un totale complessivo di 87 minuti.

Il Festival potrebbe durare 90 minuti, il tempo sopportabile di una partita di calcio (conteggio per difetto in quanto non ho tenuto conto delle telepromozioni e delle pause pubblicitarie). Propinateci poi tutti i super ospiti che volete, ma solo DOPO averci fatto ascoltare i giovani!

Proporrei un Festival minimalista, essenziale, stringato. Spazio alle canzoni, una giuria veramente popolare ed una veramente di qualità. Al termine, una bella puntata di Doctor House. Fa sempre audience ed è un vero toccasana per la sindrome degli ascolti.

Avete presente Doctor House? E’ quel personaggio molto ben caratterizzato, maledetto, scontroso, ma dannatamente bravo. Riuscirebbe sicuramente a curare il Festival.

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patrizia.speroni@aruba.it

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